Ci sono giorni in cui mi guardo allo specchio e vedo tre donne.
Una madre, con le mani sempre in movimento, a raccogliere lacrime, meraviglie e briciole di biscotti.
Un’insegnante, che continua a credere che l’educazione sia un atto d’amore.
E una homeschooler, che cammina fuori dai sentieri battuti, tenendo per mano un sogno e un bambino, tirandosi addosso le critiche di molti.
Sono tutte me. E tutte imparano ogni giorno a convivere, a perdonarsi, a sorreggersi.
Ho smesso di chiedermi cosa sia giusto “per tutti”. Ho iniziato a domandarmi cosa sia giusto adesso, per noi. Per questo bambino con il suo passo unico. Per questa famiglia con il suo ritmo, le sue stanchezze, le sue ali.
E quando altre mamme mi chiedono consigli, vogliono sapere la mia esperienza, cerco di non assumere i panni di chi con l’esperienza dispensa certezze comode, perché non c’è scelta senza fatica, e senza dubbi.
Non sempre sappiamo se ciò che facciamo è “giusto”. Ormai ho imparato che la domanda più utile non è “Cosa è giusto in assoluto”, ma: “Cosa è giusto adesso, per questo mio bambino, per questa nostra famiglia” Le risposte universali non esistono. Esistono i percorsi unici, le storie diverse, le necessità che cambiano. E soprattutto, esistono i bambini, che ci mostrano ogni giorno che educare non è applicare un metodo, ma costruire.
Essere genitore è un esercizio di equilibrio su un filo sottile, teso tra il desiderio di fare bene e il timore di sbagliare. Ogni decisione è scrutata, confrontata, commentata. E se si esce dal sentiero tracciato, il giudizio arriva veloce.
Ma ho capito che non dobbiamo cercare la scelta perfetta, perché non esiste. Esiste solo la scelta possibile, onesta, sentita, in quel momento, con quel figlio. E questo basta, se nasce dall’ascolto, dall’osservazione, dalla presenza. Basta davvero.
Perché i bambini non hanno bisogno di genitori infallibili, ma di genitori presenti.
Madri e padri capaci di dire: "Ti vedo. Ti ascolto. Impariamo insieme."
Una mamma che iscrive i figli a scuola prepara zaini, grembiuli, sveglie all’alba. Conta i giorni, legge i voti, aspetta il suono dell’uscita. Affida il suo bambino ad altre mani, con fiducia, con timore, con un nodo alla gola. Impara ad accettare il poco tempo, i racconti a metà, le giornate storte chiuse in un “niente”. Ma non smette mai di esserci, tra una merenda, una carezza, e un “come è andata oggi?” che vale oro.
Una mamma che sceglie l’homeschooling prepara stanze, ritmi, occhi aperti. Conta le domande, non le ore. Impara a farsi maestra e madre insieme, con pazienza, con dubbi, con un cuore spalancato. Vive giorni lunghi, intensi, a volte bellissimi, a volte sfiancanti. Raccoglie ogni conquista, ma anche ogni silenzio, ogni fatica, ogni 'non ce la faccio'.
Ma esistono scuole splendide come esperienze di homescholing disastrose: non è la forma che conta, ma l’amore che consapevolmente gli dà sostanza.
E al di là della scuola c’è qualcosa che nessuno può togliere alla famiglia: educare non riguarda trasmettere contenuti: è accompagnare, è offrire visioni, è dare strumenti per comprendere il mondo. E questo, come genitori, possiamo farlo ogni giorno. Anche quando giochiamo, cuciniamo, ascoltiamo una domanda inaspettata. Siamo educatori di valori: di pazienza, di gentilezza, di rispetto, accoglienza.
Un figlio non ricorderà se hai fatto tutto “come si deve”. Ma ricorderà se c’eri. Se l’hai guardato con fiducia. Se l’hai accompagnato con gioia. Se gli hai insegnato a scegliere… con coraggio.
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Scegli l’homeschooling se…
se non temi di essere vista come “diversa”,
se accogli con amore il dono di stare con i tuoi figli, giorno dopo giorno.
Se hai il coraggio di mettere in discussione ogni frammento della tua esperienza scolastica,
e di avventurarti in sentieri nuovi,
senza mappe, senza promesse di successo.
Se credi che tuo figlio meriti un apprendimento che parli la sua lingua,
che segua il ritmo del suo cuore.
Se la perfezione della casa non conta più
quando a terra sbocciano dialoghi, sogni e numeri tra cuscini e quaderni.
Se sei pronta a trasformarti,
a lasciarti interrogare,
a crescere insieme a lui, non solo come madre, ma come essere umano.
Se ti prendi per mano con tuo marito,
in questo cammino che è vocazione condivisa.
Se puoi reggere lo sguardo disapprovante di chi non comprende,
quando tuo figlio sbaglia un accento,
o inciampa su una tabellina,
o di chi ti trova ancora in pigiama, seduta con lui,
mentre insieme fate matematica sul pavimento.
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Iscrivi i tuoi figli a scuola se…
se il tuo passo è più sereno quando segue la via già tracciata,
se il tuo equilibrio si nutre anche della struttura, dei ritmi, della cornice che la scuola offre.
Se credi nella possibilità di imparare anche dentro i limiti,
di trovare occasioni di crescita nel confronto con la diversità,
nei piccoli ostacoli quotidiani, nelle relazioni, anche difficili.
Se riesci a guardare le crepe del sistema scolastico
senza che la disillusione ti travolga,
scegliendo comunque di restare, con uno sguardo vigile e un cuore presente.
Se riesci a sostenere il peso di chi si sente in diritto di dirti come educare,
forte di un titolo, ma non sempre vicino al tuo bambino.
Se sei pronta a ricevere i voti di tuo figlio come ferite che, a volte,
senza volerlo, sembrano rivolte a te.
eppure sai che non sono giudizi su di voi, ma semplici tappe di un cammino.
Se hai capito che delegare non vuol dire abbandonare,
che mandare a scuola non alleggerisce,
ma cambia solo il volto dell’impegno:
compiti nel weekend, orari che plasmano la vita di tutti,
fatiche condivise che bussano alla porta di casa,
anche quando si chiude lo zaino.
Se credi che anche la scuola possa essere terreno fertile,
non perfetto, ma vivo, dove tuo figlio può imparare a camminare con le proprie gambe,
e tu, rimanergli accanto, senza dover tenere sempre il timone.
Rita Picchianti - Formatrice del Talento del Femminile
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